venerdì 11 marzo 2016

Redìgere


"spingere, condurre, stendere, compilare, stilare"

redìgere
redìgere v. tr. [dal lat. redigere, propr. «ricondurre», comp. di red- e agere «spingere, condurre»] (io redigo, tu redigi, ecc.; pass. rem. redassi, redigésti, ecc.; part. pass. redatto). – In senso generico, stendere, compilare, stilare: r. un documento, un atto notorio, un verbale; r. un discorso, una lettera. Più particolarm., scrivere o curare in qualità di redattore: r. un dizionario enciclopedico, o un gruppo di lemmi di un lessico, una voce di un’enciclopedia scientifica; r. un articolo di fondo, un pezzo di cronaca; r. una rivista letteraria.  Part. pres. redigènte, per lo più con valore di agg., più raram. di sost. (v. la voce).

Biasimo



Verbo
Transitivo
biasimare  (vai alla coniugazione)

esporre il proprio giudizio negativo su qualcuno o qualcosa
non considerare qualcuno meritevole
(per estensione) reazione emotiva percepita in seguito o durante una condizione di indignazione
valutare qualcuno non propriamente "all'altezza"

Sillabazione
bia | si | mà | re

Nuvola kdict  Etimologia / Derivazione
dal francese antico blasmer

Sinonimi
disapprovare, rimproverare, criticare, riprendere, riprovare, sindacare, ammonire, incolpare, condannare, deplorare, stigmatizzare

Contrari
approvare, apprezzare, lodare
(per estensione) (senso figurato) amare

Parole derivate
biasimatore, biasimabile
biasimevole

Termini correlati
(per estensione) escludere
reputazione
irritante

Varianti
(antico, poetico) biasmare


giovedì 3 marzo 2016

Principio



significato di PRINCIPIO 

1. il cominciare; inizio, avvio: avere, dare principio; il principio dell’anno nuovo; il principio del viaggio, della strada; il principio di un capitolo, di un pezzo musicale; pagherei per tornare indietro e ricominciare tutto dal principio

2. origine, causa: la morte della madre fu il principio di ogni sua disgrazia | (filos.) ciò da cui tutto deriva, ragion d’essere della realtà

3. ciò che rappresenta il fondamento di un ragionamento, di una dottrina, di una scienza: il tuo discorso si fonda su un principio sbagliato; i principi della meccanica, della chimica, della logica; il principio di Archimede, di Pascal; i principi contabili internazionali | norma generale che sta alla base di una convinzione, di un comportamento; in particolare, norma morale: principio etico, religioso; un uomo di sani principi; vivere senza alcun principio

4. precetto, insegnamento: impartire buoni principi

Etimologia: ? dal lat. principiu(m), deriv. di princeps -cipis; cfr. principe.

Vituperio



vituperio
vi·tu·pè·rio/
sostantivo maschile
1.
Ingiuria, insulto infamante: ricoprire uno di vituperi; arc., contrapposto a lode, col sign. di biasimo, sia pure accentuato.
"l'uomo è degno di loda e di vituperio solo in quelle cose che sono in sua podestà di fare o di non fare"
Chi o quanto costituisca motivo di aspra condanna o d'infamia.
"essere il v. della famiglia"
arc.
Azione spregevole o vergognosa.
"per paura che questo suo vitupero non palesassero, ...molto più gli onorò e careggiò"
2.
non com.
Infamia, grave disonore: portare, arrecare v.; causa di v.; esser di v.
Origine
Dal lat. tardo vituperium, der. di vituperare ‘vituperare’ •sec. XIV.

Velleità



velleità



velleità s. f. [dal lat. mediev. della scolastica velleitas -atis, der. del verbo lat. velle «volere»]. – Nel linguaggio filos. o più elevato, volontà imperfetta, e perciò inefficace e vana, o desiderio che non riesce a definirsi in volontà. Nell’uso corrente, aspirazione, desiderio o proponimento che non hanno effettive possibilità di realizzazione, in quanto non sussistono per lo più capacità adeguate o la volontà e l’impegno necessarî: è solo v. (o sono pure v.), frutto della sua ambizione; v. giovanili, senili; ha sempre avuto di queste v. artistiche, o letterarie; v. politiche, presidenziali, dittatoriali; con uso assol.: era una prova di più della mia incapacità, v., impotenza (Moravia); e specificando invece l’oggetto del desiderio o dell’aspirazione: io non ho più v. di carriera, mi basta un posto tranquillo (Buzzati); scherz., riferito ad animale: il ... vecchio cavallo aveva anch’esso la v. di sorpassare i compagni (Deledda).

SINONIMI


velleità
Sinonimi e Contrari
velleità s. f. [dal lat. mediev. velleitas -atis, der. del lat. velle "volere"]. - 1. (filos.) [volontà imperfetta e perciò inefficace e vana, o desiderio che non riesce a definirsi in volontà] ˜ ? volere, volontà. 2. (estens.) [desiderio o proponimento che non hanno effettive possibilità di realizzazione: v. artistiche, letterarie; v. di carriera] ˜ illusione. ? ambizione, aspirazione, proposito.

Tracotanza



Etimologia / Derivazione

deriva da oltracotanza; Dal latino tracotantia col medesimo significato. Parola composta da trans, forma latina per "tra", "al di là", e cogitare, "pensare". Ha quindi il significato di "andare oltre con il pensiero", "spingersi con il pensiero oltre la giusta misura", più nello specifico si usa per indicare una persona insolente, oltracotante, arrogante. Tale termine è la trasposizione latina del termine greco  ὕβρις (Hýbris) che significa letteralmente "eccesso", "superbia", "orgoglio" o "prevaricazione", con riferimento particolare all'oltraggio della divinità. Probabilmente derivato dal greco ὑπέρ (hyper) cioè "sopra", "oltre". Vedi superbo.

Sinonimi
arroganza, orgoglio, superbia, presunzione, boria, aggressività, prepotenza, sfacciataggine, strafottenza, sfrontatezza, spudoratezza, insolenza, sopraffazione, prevaricazione,iattanza, boria, altezzosità, spocchia

Contrari
dolcezza, bontà, remissività, umiltà, modestia






 


Tediare



tediare
[te-dià-re] (tèdio, -di, tèdiano; tediànte; tediàto)

A v.tr.

Annoiare, seccare
SIN. infastidire, disturbare

B v.intr. pronom. tediàrsi

Essere preso da tedio, da insofferenza
SIN. annoiarsi, seccarsi

Tafofobia



La tafofobia (dal greco taphos, sepolcro) è una fobia con possibili relati psicopatologici, derivante dalla paura di essere sepolti vivi, quale risultato dell'errata constatazione della propria morte.

Questa paura, soprattutto al giorno d'oggi, sembra essere abbastanza rara e appare più che altro come una forma estrema di claustrofobia. Oltretutto si è notato che il picco di tafofobia lo si ritrova in persone anziane che nella loro giovinezza sono rimaste profondamente colpite dalla lettura di racconti ispirati a questo fenomeno. Per questi motivi la tafofobia sembra non rivestire eccessiva rilevanza clinica.

Simposio


[sim-pò-?io] n.m.

m
pl. -si
1. congresso di studiosi finalizzato alla discussione di un tema di comune interesse: un simposio di medicina, letterario

2. nell’antichità greca e romana, la seconda parte di un banchetto, durante la quale i commensali bevevano e assistevano a danze e canti

3. (non com.) banchetto, convito

Etimologia: ? dal lat. symposiu(m), che è dal gr. sympósion, comp. di sýn ‘insieme’ e un deriv. di pósis ‘bevuta’; il sign. di ‘congresso’, attrav. l’ingl. symposium.

Scevro


[scé-vro] ant. scevero, sevro
agg.


1 Privo, immune, esente: un giudizio s. di preconcetti; impresa non scevra da pericoli
SIN. alieno

2 ant. Separato, lontano, appartato

Prodigo



prodigo
[prò-di-go] n.m.
PRONUNCIA AUDIOSTAMPA IL RISULTATO
m
f. -a; pl.m. -ghi, f. -ghe
1. si dice di persona che spende o dona con eccessiva larghezza o che sperpera denaro senza metodo o riflessione; si oppone ad avaro

2. che distribuisce, dispensa generosamente [+ di]: prodigo di aiuti, di consigli, di lodi

? n.m.


m
f. -a; pl.m. -ghi, f. -ghe
chi spende o dona senza misura: gli avari e i prodighi dell’«Inferno» dantesco
Etimologia: ? dal lat. prodigu(m), deriv. di prodigere ‘spingere davanti a sé’, poi ‘sperperare’, comp. di prod- ‘pro-’ e agere ‘spingere, mandare’.

Obbrobrio


[ob-brò-brio] ant. obbrobbrio, opprobrio
s.m. (pl. -bri)


1 Vergogna disonorevole, ignominia: il triste o. della schiavitù; crimini commessi in o. della civiltà; cadere, finire nell'o.
SIN. infamia, vituperio

2 estens. Ciò che per la sua bruttezza costituisce un'offesa al senso estetico, al buon gusto e sim.: questi quadri sono autentici obbrobri

3 fig. Persona o cosa che è motivo di obbrobrio, di vergogna: è l'o. della famiglia

4 ant. spec. al pl. Parola infame, ingiuria vergognosa

Mistica



La mistica (dal greco: µ?st????, "misterioso")[1] è la contemplazione della dimensione del sacro e ne comporta una esperienza diretta, "al di là" del pensiero logico-discorsivo e quindi difficilmente comunicabile.

Etereo


etereo1
[e-tè-re-o] ant. eterio
agg. (pl. m. -rei; f. -rea, pl. -ree)


1 Che è dell'etere, che si trova nell'etere: spazio e.; sostanza eterea
poet. Del cielo, celeste: sotto l'e. padiglion rotarsi / più mondi (Foscolo)

2 fig. Puro, limpido, incorporeo: bellezza eterea


etereo2
[e-tè-re-o] agg. (pl. m. -rei; f. -rea, pl. -ree)
CHIM Che si riferisce a etere
Narcosi eterea, ottenuta mediante inalazioni di etere etilico

Erètico





erètico agg. e s. m. (f. -a) [dal lat. tardo haereticus, gr. a??et????, propr. «che sceglie»; v. eresia] (pl. m. -ci). –

1. Chi, pur facendo parte di una chiesa o confessione religiosa, si fa promotore, sostenitore o seguace di un’eresia; in partic., chi, essendo membro della Chiesa cattolica, nega pertinacemente o anche soltanto mette in dubbio qualcuna delle verità rivelate o dei dogmi di fede: gli e. dei primi secoli del cristianesimo; essere condannato come e.; come agg.: setta e., gente e., ecc.

2. s. m., fig.

a. Persona poco religiosa, miscredente (tosc. anche bestemmiatore).

b. Chi, in politica o in altro, nel modo di pensare e di giudicare, diverge dalle opinioni e dalle ideologie comuni o da quelle accolte dal gruppo di cui fa parte.

3. agg. Che costituisce eresia, in senso proprio: proposizione e.; fare discorsi e.; è argomento Di fede e non d’e. nequizia (Dante); o che si allontana radicalmente da ideologie ufficiali o da idee comunemente accettate: sono idee e. le tue! ? Avv. ereticaménte, in modo che costituisce eresia: negare ereticamente il dogma trinitario; interpretare ereticamente un testo sacro.

Dismorfofobia


La dismorfofobia (dal greco antico dis – morphé, forma distorta e f?ß??, phobos = timore) è la fobia che nasce da una visione distorta che si ha del proprio aspetto esteriore, causata da un'eccessiva preoccupazione della propria immagine corporea[1].


Origine del nome[modifica | modifica wikitesto]
Il termine dismorfofobia e le relative patologie soggiacenti, sono state descritte per la prima volta dal medico e psichiatra italiano Enrico Morselli nella sua opera del 1891 "Sulla dismorfofobia e sulla tafofobia"[2].

Diseredato



diseredato
[di-?e-re-dà-to] (part. pass. di diseredàre)

A agg.


1 Che ha subìto la diseredazione

2 estens. Misero, trascurato, abbandonato: le classi diseredate della società

B s.m. (f. -ta)

Chi è privo di mezzi e di assistenza: i diseredati della società, della vita

Dicotomìa


dicotomìa s. f. [dal gr. d???t?µ?a «divisione in due parti», comp. di d???- (v. dico-) e tema di t?µ?? «tagliare» (v. -tomia)]. – In genere, divisione o suddivisione in due parti (anche in senso fig., per es. la scissione o frattura o una forte divergenza di opinioni in un organo direttivo, in un partito o sindacato, ecc.); bipartizione, separazione netta tra due elementi: d. tra sentimento e ragione; una rigida, profonda, insanabile d.; s’è aperta una d. all’interno dello schieramento; in filologia testuale, si ha dicotomia quando lo stemma risulta bipartito. Con accezioni specifiche:

1. In filosofia:

a. La divisione logica di un concetto in due nuovi concetti, che ne esauriscono l’intera estensione.

b. Il primo degli argomenti di Zenone contro il movimento, in cui l’impossibilità del superamento di un dato spazio è dimostrata considerando che un corpo, per percorrere un determinato spazio, dovrà prima superare la sua metà, e prima ancora la metà di questa metà, e così via, giungendo alla progressiva e infinita divisione dello spazio, che rende inconcepibile il moto.

2. Nelle classificazioni biologiche, il rapporto dei due caratteri che si escludono a vicenda, in base al quale si determinano le chiavi o tavole dicotomiche.

3. In botanica, tipo di ramificazione apicale (detto anche dicopodia), nel quale l’apice dell’asse si divide in due apici, i quali continuano l’accrescimento dando origine quindi a due assi secondarî o rami, i quali possono a loro volta biforcarsi una o più volte nello stesso modo; si distingue in: d. eguale, se i due rami sono di sviluppo pressappoco eguale; d. disuguale, se uno dei rami prevale rispetto all’altro.

4. In astronomia, antica denominazione della fase lunare corrispondente al primo o all’ultimo quarto.

Contrizione



contrizione
[con-tri-zió-ne]
s.f. (pl. -ni)


1 Amaro pentimento, rimorso per una colpa commessa: provare c.
 fig. Fare atto di contrizione, riconoscere apertamente le proprie colpe

2 TEOL Forma perfetta di pentimento che porta a detestare il peccato commesso e a desiderare di non commetterlo più, su cui si basa il sacramento della Penitenza
  Atto di contrizione, preghiera con la quale il fedele professa il pentimento dei peccati commessi proponendosi di non commetterli più

Concupiscenza





La concupiscenza è un termine che possiede diverse sfumature a seconda degli ambiti in cui viene utilizzato. Un primo significato è quello che indica la condizione umana di brama, [desiderio (filosofia)|desiderio], rivolta in particolare ai piaceri sessuali.

Il primo ad utilizzare il termine in questo senso è Platone, che, nella Repubblica, per la prima volta presenta una strutturata divisione dell'anima (nei dialoghi precedenti fa riferimento all'anima anche con maggiore insistenza, senza tuttavia effettuarne una divisione in parti, perciò si intende che si sia, in essi, riferito all'anima razionale). L'anima per l'appunto concupiscibile è l'anima cui appartengono bisogni ed istinti propri per lo più dell'animalità, essa appartiene pertanto agli uomini che adorano collezionare denari ed averi, giacché con questi soddisfano i loro bisogni del cibo e degli amori. Si guardi ad esempio, per rafforzare l'immagine della concupiscenza per Platone, la metafora mitica della biga alata (ripresa sempre da Platone nel Fedro), mito dell'Ateniese che propone con forte evidenza la situazione dottrinalmente matura dell'anima umana, in cui la parte concuscibile è rappresentata dal cavallo nero che tende verso il basso, dirottando di conseguenza l'intero carro verso la parte sottostante. Nella "cristianizzazione" di Platone sarà frequente una rilettura religiosa della tematica, giacché alla religione si attribuisce per antonomasia il dividere l'altura delle cose belle e divine dalla bassezza delle cose rozze ed incolte.

Leggiamo il termine "concupiscenza" anche nello Stagirita Aristotele, il quale sostiene che il piacere umano ha sia una connotazione spirituale sia una materiale. Il piacere pertanto può essere provato sia per un bene spirituale sia per uno «sensibile», ma, mentre nei primi solo l'anima è in grado di recepirli, nei secondi tale piacere può essere recepito sia dall'anima sia dal corpo. In questa prospettiva la concupiscenza designa il desiderio di questa seconda specie di piacere.

Nella teologia cattolica è definita concupiscenza la brama di possesso e la debolezza della natura umana che porta l'uomo a commettere il peccato, di qualunque natura esso sia. Essa non è considerato un peccato quanto un'inclinazione verso il male, ed è considerata uno dei segni del peccato originale. Nel protestantesimo essa costituisce addirittura il peccato originale stesso, per cui l'uomo è già "condannato" alla nascita.

Compungere



compungere
[com-pùn-ge-re] v.tr.

m
coniugato come pungere
a
aus. avere

(lett.) turbare, affliggere: quella valle / che m’avea di paura il cor compunto (DANTE Inf. I, 14-15)
Etimologia: ? dal lat. compungere ‘punzecchiare, offendere’, comp. di cum ‘con’ e pungere ‘pungere’.

Cacofonia



cacofonia
[ca-co-fo-nì-a]
s.f. (pl. -nìe)


1 Effetto sgradevole causato dall'incontro di determinati suoni, in partic. dalla ripetizione ravvicinata di vocali o consonanti uguali
CONT. eufonia

2 MUS Stonatura dovuta spec. ad accordi errati, a strumenti o voci non accordati insieme

Bitorzolo



bitorzolo
[bi-tór-zo-lo]
s.m.

Piccolo rigonfiamento irregolare che si forma su una superficie solida, spec. sulla pelle degli uomini e degli animali, sulla corteccia degli alberi, sulla buccia di alcuni frutti: avere un b. sul naso; un tronco tutto a bitorzoli
? dim. bitorzolétto
accr. bitorzolóne
pegg. bitorzolàccio

Battesimo



battesimo
[bat-té-?i-mo] ant., poet. battesmo
s.m.


1 RELIG Rito di iniziazione mediante immersione in acqua
Per la Chiesa cattolica, il primo dei sette sacramenti, amministrato mediante immersione o versando acqua sul capo del battezzando, ricevendo il quale si diventa cristiani, si ottiene la remissione del peccato originale e si diventa degni di ricevere gli altri sacramenti
Battesimo per, di immersione, aspersione, abluzione, celebrato immergendo tutto il corpo nell'acqua, o cospargendolo d'acqua, o bagnando solo il capo
Battesimo di sangue, conseguito mediante il martirio
Battesimo di fuoco, di desiderio, conseguito solo spiritualmente, per intenso e sincero desiderio
Tenere qualcuno a battesimo, fare da padrino o da madrina a chi si battezza
Nome di battesimo, nome imposto al battezzato dal sacerdote; estens. nome personale anche di chi non è battezzato

2 estens. Atto, cerimonia con cui si amministra il battesimo: un b. sontuoso
Inaugurazione, intitolazione, spesso con il conferimento di un nome e con la benedizione di un sacerdote: b. di una campana, di una nave, di una via

3 fig. Inizio, prima prova di un'attività e sim.: questa mostra sarà il b. di molti giovani artisti
Battesimo del fuoco, prima partecipazione di un soldato al combattimento; fig., scherz. prima prova impegnativa
Battesimo del mare, dell'aria, dei marinai e degli aviatori, o anche dei semplici passeggeri, che navigano o volano per la prima volta
Battesimo dei tropici o dell'equatore, della linea, cerimonia burlesca che si fa quando una nave attraversa la linea dei tropici o dell'equatore, consistente nell'aspergere di acqua marina i marinai novelli

Avaro



avaro 1
[a-và-ro] n.m.
PRONUNCIA AUDIOSTAMPA IL RISULTATO
m
f. -a; pl.m. -i, f. -e
1. che dimostra abitualmente avarizia; gretto, tirchio (anche in senso figurato) [+ di]: un vecchio avaro; essere avaro di parole, di sentimenti

2. proprio o tipico di persona avara: donare con mano avara | concesso a malincuore, senza generosità: complimenti avari

3. (lett.) avido: E vidi Ciro più di sangue avaro, / che Crasso d’oro (PETRARCA Trionfi)

? n.m.


m
f. -a; pl.m. -i, f. -e
persona avara: gli avari e i prodighi pegg. avaraccio
Etimologia: ? dal lat. avaru(m), affine ad avidus ‘avido’.

Anagramma



Un anagramma (dal greco ???- aná-, prefisso che significa "sopra", e ???µµa grámma, "lettera") è il risultato della permutazione delle lettere di una o più parole compiuta in modo tale da creare altre parole o eventualmente frasi di senso compiuto. Il significato delle parole risultanti non di rado risulta affine al contesto originario, o ad esso completamente opposto, producendo così sorpresa: o con effetti umoristici o, comunque, con interessanti associazioni (es.: attore = teatro, bibliotecario = beato coi libri, donna = danno)

Afflato

afflato


afflato s. m. [dal lat. afflatus -us, der. di afflare: v. afflare], letter. – Alito, soffio, soprattutto in senso fig.: tutto caldo dell’a. dell’ammirazione (Carducci); a. poetico, a. lirico, estro, ispirazione poetica; a. divino, ispirazione divina. Anticam. anche effluvio, esalazione: i cattivi a. del veleno (Muratori).